venerdì 28 marzo 2014

NOSTALGIOMETRO '00: il cielo è po-poppò sopra Berlino

Avvertenza: Nostalgiometro ’00 può contenere acne, masturbazione, canne, Offspring, uso improprio di lamette da barba, abuso di alcolici, gel effetto bagnato, sesso, Giorgia di TRL e tutto ciò che l’adolescente degli anni 2000 ha subito (nel bene e nel male).
 
https://www.youtube.com/watch?v=0J2QdDbelmY
Fotogramma del video di “Seven Nation Army” dei meravigliosi White Stripes, band icona degli anni 2000. Canzone tratta dall’album del 2003 “Elephant”.

Detestare il calcio in Italia è un lavoro a tempo pieno. Comporta impegno e dedizione, pari a quello dei tifosi più fanatici. Non è facile dribblare tutte le trasmissioni sportive, i movioloni, le telecronache in diretta, le polemiche, i commenti dei colleghi d’ufficio, le Gazzette dello Sport messe a disposizione nei bar. Così ti trovi ad avere  tuo malgrado un’opinione su Balotelli (di cui avresti ignorato volentieri l’esistenza, come essere umano prima che come calciatore). Hai persino sviluppato un tuo pensiero, senza il quale avresti vissuto serenamente, sul fuori-gioco (andrà con o senza trattino? Mah...).
A un certo punto ti arrendi, alzi le mani e dici: “Italiani, calciofili, fate di me ciò che volete”. La fortuna di tifare per la Sampdoria fin da piccino mi ha almeno tenuto al riparo dalle contese più spinose: Calciopoli, Moggiopoli, Scudettopoli, di cui gli italiani discutono come se fossero cose serie. Solo una volta ho tentato di dire timidamente la mia su Moggi a mio fratello Michele, che è juventino: porto ancora i segni dei suoi denti sul polpaccio.
Per quattro anni tiri avanti così, aggirando conversazioni e rovinando amicizie. Poi, fatalmente, puntuali come le tasse, arrivano i Mondiali.
Ed allora inizia l’incubo. Vieni posseduto da una sorta di demòne assiro e improvvisamente anche tu, che nei quattro anni precedenti ti addormentavi come colpito da uno sfollagente sulla nuca appena sullo schermo compariva il campo verde di una partita di calcio, divieni un famelico consumatore di pallone. Non perdi nemmeno un minuto della telecronaca, quando suona l’inno ti alzi in piedi e lo canti a squarciagola come un pirla, fremi, sobbalzi ad ogni azione, urli: “Era fallo!” e ti dimeni come un forsennato, con un filo di bava alla bocca, indirizzando epiteti razzisti ed irripetibili verso gli avversari, come se potessero sentirti. Poi, così come erano iniziati, i Mondiali finiscono. Tu ti risvegli come da un sogno e pensi: “Dove diavolo sono stato le ultime tre settimane?”. Hai in mano ancora il bandierone e lo getti via spaventato. “Che cazzo è successo?”. Il demòne assiro ti ha abbandonato.
Così fu, cari ragazzi, cari giovani d’oggi, nel 2006.
Fu un Mondiale epico. Ogni istante scolpito nella memoria. Ogni gol, ogni azione, ogni coro (tra cui il famigerato po-popò-popoppò-pò, poveri White Stripes) impresso inelebilmente nella nostra memoria generazionale collettiva. Avevo appena terminato gli esami di maturità, quindi l’atmosfera era quella dei momenti indimenticabili ed imprescindibili della propria giovinezza. Ricordo che con la mia ragazza di allora, dopo la vittoria contro la Francia, fermavamo le macchine in transito agitando le braccia come schizofrenici fuggiti da un centro di igiene mentale e urlando ancora: po-popò-popoppò-pò. La mattina dopo ci demmo dentro come manguste per celebrare il trionfo. Lei diceva: “È Grosso, è Grosso!”. Ancora ora mi domando se si riferisse a me o al difensore.
In conclusione, i Mondiali brasiliani si avvicinano. Giovani d’oggi, viveteli e non abbiate la fregola di catturarne ogni istante con la fotocamera. Usate la fotocamera del vostro cuore. (Bella questa metafora eh? Ora la condivido su Facebook).
Qui il Nostalgiometro ’00 ci indica come in una scala da zero a “Giorgia Surina” (dove zero sta per zero e “Giorgia Surina” sta per “puro distillato ’00″), i Mondiali 2006 si piazzano eccezionalmente al superlativo livello “Giorgia Surina che grida: ‘È Grosso! È Grosso!’”.

F.P.
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Fabio Peterlongo, “giornali$ta”, nasce pochi mesi dopo l’incidente di Černobyl, nell’anno della prima apparizione dei “Simpson” e del mandato di cattura spiccato verso Marcinkus. Questo turbine di eventi lo lascia frastornato e con un immaginario sibaritico (qualunque cosa significhi). Scrive per la rivista “Così e Cosà” (da lui diretta, pensate, ragazze) e conduce un programma radiofonico sull’emittente Radio Genius, dal quale parla di cinema, musica e vita vissuta come se ne sapesse qualcosa.